Finzi Sabatino

 
Finzi Sabatino

nato nel 1927
Roma

7 Racconti

8.7 min
La moglie di Sabatino è anche lei un ebrea romana. Ai tempi del rastrellamento era bambina. Ha perduto il fratello, la cognata, il nipote di nove mesi e la nipote di otto anni. Si è salvata insieme alla sua famiglia perché erano sfollati a Fiano Romano. Sposare e vivere con un ex deportato non è stato sempre facile ma fra lei e Sabatino c’è stato sempre moltissimo affetto. Solo che non è mai riuscita ad andare in Germania e nemmeno sulla neve: Sabatino non vuole rivivere nulla.
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17.4 min
Sabatino è tornato in Italia col viaggio organizzato dagli americani. Dall’Italia, che del resto era in pessime condizioni, non c’è stato nessun aiuto. Sabatino si era fatto male ad una gamba, un piccolo graffio forse che però si era infettato date le pessime condizioni generali. All’ospedale di Bolzano, Sabatino venne indirizzato al Sant’Orsola di Bologna dove venne curato e dove venne raggiunto da alcuni zii romani sopravvissuti che lo avevano rintracciato. Una volta tornato, Sabatino non ha voluto parlare con nessuno tranne gli zii. Ha ricominciato a lavorare e poi si è sposato. Ha avuto due figli maschi e adesso ci sono anche cinque nipoti. Sabatino crede che Kapò sia il miglio film sui campi di sterminio che siano stati fatti. E come altri non è mai uscito del tutto dal campo. Quando ne parla, come in questa intervista, sa che ci vorranno due tre giorni prima di smaltire l’emozione. Pensa che il razzismo sia sempre in agguato: lui e i figli si sono muniti di armi sofisticate, con tanto di regolare licenza. Non sarebbe più il 16 ottobre.
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9.3 min
Nel campo di Buchenwalt c’erano 60mila persone. Quando gli americani furono molto vicini, Sabatino e altri deportati si nascosero e ad un certo punto sentirono un comunicato: i prigionieri tedeschi politici si erano impossessati della radio e avevano ucciso le sentinelle. Il campo si era liberato, i carri armati americani si vedevano già. Dopo una mezzoretta entrò una macchina con due generali e quattro motociclisti neri che la scortavano. Vedendo i prigionieri rimasero esterrefatti: i prigionieri erano scheletri. Sabatino uscì e fece lo sbaglio di mangiare subito una intera scatoletta di patè di fegato d’oca. E’ guarito solo a Roma. Dal campo non uscirono per un mese.
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13.1 min
Nel campo c’erano persone di nazionalità diversa. Alla fine riuscivano tutti a capirsi. Sabatino ricorda il gruppo degli olandesi che erano evidentemente molto signorili: erano tutti tagliatori di diamanti. I tedeschi picchiavano di continuo ma non con i bastoni di legno, con quello si sarebbero fatti male alle mani; picchiavano con i tubi di gomma. Dopo una bastonatura a Sabatino sulla testa è venuto un ascesso: un chirurgo docente all’università di Pisa riuscì ad inciderlo. La bastonatura Sabatino l’aveva presa dal kapò perché gli aveva dato la tazza chiesta mettendo il dito dentro. Un giorno Sabatino ha saputo da un francese che aveva trovato un giornale gettato dai tedeschi che a Roma avevano fatto una grande festa al Tempio perché a Roma erano arrivati gli americani. Dopo un anno e due mesi che erano nel campo, un giorno venne dato a tutti un pezzo di pane e avvisato che chi non era in grado di camminare 40 km per prendere il treno, sarebbe stato ucciso. Li portarono a Buchenwalt e ci rimasero un altro anno.
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14.0 min
Sabatino è andato a lavorare in una miniera di carbone. Le perforazioni erano a diversi livelli. Il carbone spesso era mescolato alla pietra di lavagna che bisognava separare prima di mettere il carbone sui nastri trasportatori. Sabatino era addetto alla separazione. Ogni giorno moriva qualcuno. Sabatino ricorda le scritte: il lavoro rende liberi, un pidocchio una vita. La mattina alla sveglia che era ancora buio, (Sabatino dice che c’era ancora la luna) bisognava lavarsi con l’acqua ghiacciata, poi si beveva un the che era solo acqua calda con qualche foglia di non si sa cosa, a pranzo c’era una minestra fatta con qualche rapa. Si lavorava otto ore senza pause. E quando si usciva per andare a lavorare c’era una orchestrina che suonava. La sera c’era una fetta di pane con un pezzetto di margarina e una fettina di salame.
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13.3 min
La sera del 23 ottobre arrivarono a Birkenau. Erano partiti in una ottobrata romana, a Birkenau c’era la neve e otto gradi sotto zero. Li hanno scaricati la mattina dopo. Cominciò subito la selezione: dei 1100 solo 153 sono entrati al campo, gli altri subito mandati alle camere a gas. Nessuno pensava cosa stesse succedendo. Sabatino ha saputo solo dopo due giorni da un greco di Salonicco che chi non era entrato nel campo, era stato ucciso. Quello che è strano è che sia stato ucciso anche il padre che era giovane e, da ex marinaio, aveva un fisico prestante. Forse non si era voluto separare da moglie e figlia. Sulla rampa erano efficientissimi, smistavano un treno in mezzora, poi ne arrivava un altro, dalla Grecia, dalla Polonia… Sabatino è stato subito rasato e tatuato e mandato nella baracca. Ogni baracca aveva un kapò che abitava in una sua baracchetta e faceva il lavoro sporco delle botte e delle punizioni. Nel campo si sentiva una gran puzza di carne bruciata. Sabatino di forni se ne intendeva: qualunque ciminiera butta fuori fumo, quelle di Birkenau sputavano fiamme perché qualunque corpo, anche il più magro, contiene grasso.
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11.0 min
Sabatino abitava al Ghetto. La mattina del 16 ottobre quando i tedeschi hanno accerchiato il ghetto c’erano il padre di 39 anni, la madre di 38 anni, la sorella di 13 anni, i nonni materni e tre zii. Avevano già subito le leggi razziali, aveva dato l’oro ai nazisti. Sabatino si chiede ancora per quale motivo insieme all’oro , la comunità avesse dato ai nazisti anche tutti gli elenchi delle famiglie e relativi domicili. La sera prima del rastrellamento, erano passati gettando bombe a mano per impaurire la gente e farla rimanere in casa. Quando si presentarono la mattina, consegnarono un foglio con le istruzioni: 20 minuti di tempo, una valigetta con cibo soldi, valori e biancheria. Furono portati al collegio militare vicino al Santo Spirito. La mattina dopo alla stazione Tiburtina erano già pronti i treni con i carri bestiame. Erano tutti convinti di andare a lavorare. Il viaggio durò otto giorni. Solo in Veneto ricevettero da mangiare dalle feritoie, cibo portato dalla popolazione.
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