Di Porto Giuseppe

 
Di Porto Giuseppe

nato nel 1923
Roma

8 Racconti

14.1 min
Giuseppe ha scritto che gli ebrei hanno subito una doppia violenza: la prima quando sono stati strappati alla vita, la seconda quando hanno visto l’indifferenza una volta tornati, quelli che sono tornati. Tutti sapevano, anche la Chiesa; i tedeschi aguzzini erano cattolici.
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11.3 min
La vita non è ricominciata in maniera tranquilla. Intanto molti sono tornati avendo perso tutta la famiglia, come è successo alla moglie di Giuseppe che ha perso il padre alle fosse Ardeatine e a Birkenau si sono salvate solo lei e la sorella. La moglie non ha mai voluto mai parlare e come lei molte altre persone, come lei lo stesso Giuseppe.
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11.8 min
Mentre Giuseppe correva si accorse che accanto a lui c’era un altro deportato, stessa divisa. Si dichiarò jugoslavo. Alla domanda se capisse l’italiano rispose che capiva tutte le lingue. Giuseppe non ci ha fatto caso perché nel campo c’era gente che parlava quattro lingue. Certo la stranezza era che il deportato non aveva il viso tirato. E poi non aveva mai fame, mai sete, mai sonno. La notte era di luna piena, la neve rifletteva la luna. Sotto l’albero su cui si erano rifugiati arrivarono due tedeschi con i cani addestrati a riconoscere i deportati ma i cani non li hanno fiutati. La mattina dopo si rimisero in cammino e dopo tre giorni arrivarono ad una casa di contadini. Lo iugoslavo disse a Giuseppe che sarebbe andato lui a parlare: tornò con un pezzo di pane e riposarono nel pagliaio. Anzi riposò solo Giuseppe che ogni tanto si svegliava e vedeva il compagno sempre sveglio. Il giorno dopo arrivarono al comando russo e poi raggiunsero il campo dei deportati liberati. Giuseppe perse di vita il compagno jugoslavo, rimase con i russi altri quattro mesi. poi riuscì a partire e tornare a Roma. Del suo strano compagno di viaggio Giuseppe non ha saputo più nulla, non sapeva il nom...
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12.8 min
Verso la fine del 1944 il morale si erano un po0 risollevato perché si era saputo che gli americani erano sbarcati in Francia e i russi avanzavano in Polonia, e i tedeschi stavano subendo gravissime perdite. La fame era tantissima fino a spingere Giuseppe la notte che non c’era luna, che non pioveva, che non c’era la neve, ad andare nella baracca dei maiali a frugare tra il cibo, anche se era sporco di muffa o escrementi. Il 18 gennaio del 1945 il campo venne evacuato. Nel primo gruppo erano in 15mila; si diressero a piedi verso l’interno della Germania. Era la marcia della morte, la maggior parte morì, ne arrivarono solo 2000, avevano viaggiato senza cibo e senza acqua. Giuseppe era nel secondo gruppo, 3000 persone circa, che partì subito dopo. Giuseppe ogni tanto sentiva colpi di rivoltella e non capiva di cosa si trattasse. Durante la marcia ad un certo punto la colonna si è addentrata in un bosco. Si sono fermati in una radura, Giuseppe vide che i tedeschi caricavano le armi, hanno cominciato a sparare e lì Giuseppe è scappato.
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14.4 min
Alla sveglia bisognava rifare il letto, andare alle latrine anche perché durante il giorno non si andava al bagno, lavarsi facendo attenzione che qualcuno non rubasse le cose, poi si mangiava una fetta di pane nero che saranno stati 200 gr con 40 gr di margarina e mezzo litro di acqua scura con l’orzo. Tutto durava circa un’ora e mezzo, poi si andava al lavoro. I kapò erano terribili: quelli che ha visto Giuseppe erano tutti triangoli verdi, delinquenti comuni che scontavano la loro pena. Fino al 1944 qualunque SS poteva uccidere un deportato senza dover riferire nessun motivo. A Monowitz non si sapeva nulla di quanto succedeva a Birkenau. E poi c’erano gli ordini in tedesco: se non si capiva come minimo erano calci. La gente sapeva: quelle volte che passavano per andare a scaricare convogli, erano sputi.
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13.9 min
Molti avevano smesso di reagire e avanzava la voglia di morire per smettere di soffrire. Un giorno qualcuno propose a Giuseppe di fare una commissione tutte le mattine in cambio di un po’ più di zuppa: un tedesco criminale che era capo blocco, scambiava un vestito o un oggetto dal magazzino dove c’erano gli effetti dei deportati con qualcosa da mangiare dei pacchi dei francesi o in generale di chi li riusciva a ricevere. Questo traffico era rischioso ma Giuseppe l’ha fatta sempre franca. Questo traffico gli ha permesso di mangiare quella qualcosa in più che lo ha tenuto in vita.
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15.3 min
Arrivarono a Birkenau che era ancora notte. Giuseppe si ricorda scene terribili: le urla, i pianti, le separazioni delle famiglie, i cani pronti ad azzannare. Giuseppe passò la selezione e fu mandato a Monowitz, sottocampo di Auschwitz. La doccia, la consegna della divisa già sporca e logora, l’assegnazione del numero e la comunicazione che da quel momento sarebbe stato il loro nome e dovevano impararlo a memoria in lingua tedesca. Il lavoro, trasporto di materiali edili, era pesante e non tutti ce la facevano a sopportare le condizioni, anche ambientali, perché a Monowitz c’era la neve e faceva molto freddo. Di inverno si lavorava otto ore ma a seconda delle ore di luce, in estate arrivavano a lavorare fino a 12 ore. Il vitto era, Giuseppe ha scoperto dopo, di 1500 calorie al giorno, del tutto insufficienti dato il tipo di lavoro e il freddo. E la gente moriva.
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11.7 min
Alla promulgazione delle leggi razziali il padre di Giuseppe perse la licenza di venditore ambulante e le condizioni della famiglia diventarono difficoltose. Nel 1942 Giuseppe si vide ai lavori forzati al fiume a spalare la sabbia. Giuseppe spesso scappava. Nel 1943 Giuseppe si trasferì a Genova a lavorare; il 16 ottobre, quando fu fatto il rastrellamento del Ghetto di Roma, visto che la famiglia si era salvata, Giuseppe rimase a Genova. Quando il 3 novembre fu rastrellata la zona della sinagoga di Genova Giuseppe decise di tornare a Roma. Mentre faceva le valige arrivarono i fascisti e lo arrestarono. Portato al Marassi dove rimase, insieme ad un centinaio di ebrei, fino al 1 dicembre quando con carri bestiame furono trasferiti a Milano al San Vittore. Pensavano di andare in Germania a lavorare fino alla fine della guerra. Partirono il 6 dicembre e dopo sei giorni arrivano ad Auschwitz.
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